Covid, Brexit e inflazione: alla City di Londra 1 ristorante su 7 ha chiuso i battenti

Si è ridotto l'afflusso nel quartiere a causa del work-from-home. In cantiere un progetto per rivitalizzare l'area con eventi culturali

Covid, Brexit e inflazione: alla City di Londra 1 ristorante su 7 ha chiuso i battenti

 

Prima la Brexit che ha ridotto il numero del personale nel settore dell’hospitality con la scelta di molti giovani lavoratori europei di rientrare nei paesi d’origine, poi l’arrivo del Covid con i vari lockdown forzati che hanno ridotto notevolmente le entrate di tutti i ristoranti del paese, e ora l’inflazione che sta facendo desistere molti a mangiare costantemente fuori preferendo un pasto più economico tra le mura di casa.

Proprio questi tre eventi stanno influenzando in maniera significativa il presente, e anche il futuro prossimo, del Regno Unito, con particolare riferimento a specifiche aree del tessuto economico e sociale che stanno subendo in maniera unica quanto sta accadendo

Come nel caso di quello che a livello mondiale era conosciuto come uno dei cuori pulsanti della finanza internazionale ma ora rischia di diventare il fantasma di se stesso in termini di presenza di persone e vitalità storicamente espressa dal quartiere: la City di Londra

Lo dimostra il fatto che 1 ristorante su 7 ha chiuso i battenti dall’inizio della pandemia, soprattutto a causa del boom del work from home, o smart working come è ormai usanza dire in Italia.

Tra marzo 2020 e giugno di quest’anno, il 14% dei locali con licenza nello Square Mile ha abbassato la saracinesca, secondo i dati raccolti da AlixPartners e dalla società di monitoraggio del settore CGA, e riportati dal Financial Times.

Non è solo la capitale inglese ad aver risentito della crisi che si è venuta a creare sia nella fase pandemica che post, infatti stessa percentuale di locali chiusi anche per Birmingham (la seconda città più grande d’Inghilterra) che segna sempre il 14% di chiusure forzate; la terza città più colpita è stata Glasgow, dove ha chiuso il 10% delle attività ricettive. Queste percentuali sono superate solo dai distretti londinesi di Croydon, Ealing e Hounslow che hanno subito il maggior numero di chiusure in proporzione al numero di persone che frequentano le suddette aree.

Prima della pandemia, nella capitale inglese, in controtendenza rispetto al resto del Regno Unito, molti ristoranti avevano iniziato la loro attività: il numero di locali era aumentato del 10% nei cinque anni tra marzo 2014 e marzo 2019. Ma i dati di quest’anno rivelano i cambiamenti apportati dalla pandemia alla City e ad altri distretti commerciali, dove i ristoranti, i pub e le caffetterie si affidavano tipicamente agli impiegati degli uffici che operavano nel medesimo quartiere.

Dall’inizio di agosto si calcola che il calo della presenza dei lavoratori nella City di Londra è diminuita del 33% rispetto ai livelli pre-pandemia, risultando il quartiere più duramente colpito tra la maggior parte delle altre aree metropolitane del paese.

Tra le perdite di alto profilo registrate nello Square Mile negli ultimi due anni ci sono Kym’s, il ristorante dello chef stellato Andrew Wong nella Bloomberg Arcade, Mark Hix’s Oyster and Chop House vicino allo Smithfield Market e il ristorante giamaicano Tracks & Records vicino alla stazione di Liverpool Street, dell’atleta Usain Bolt.

C’è da considerare inoltre che ora molte aziende della City hanno adottato anche la settimana lavorativa di soli tre giorni in presenza, di norma dal martedì al giovedì; nei rimanenti due gli impiegati sono autorizzati a lavorare da casa.

Una scelta che si ripercuote anche sul settore dell’hospitaliy dato che il lunedì è il giorno con il minor afflusso di persone nel centro di Londra. Prima della pandemia, la City attirava in genere 530.000 pendolari al giorno.

Ma si sta già pensando ad un rilancio: la City of London Corporation, agenzia che supervisiona le attività che si svolgono nel quartiere, sta investito oltre 2,5 milioni di sterline nei settori dell’arte e dell’ospitalità, anche attraverso l’organizzazione di diversi festival all’aperto, eventi musicali e culturali nel corso dell’autunno che verrà.