Le università inglesi sono tra le più costose al mondo, aspetto giustificato dal fatto che garantiscono alta qualità e spesso sbocchi quasi diretti nel mondo del lavoro. Ma le tasse da pagare, che ora ammontano mediamente a 9.250 sterline l’anno per tre anni, potrebbero presto subire un cambiamento significativo.
Il primo ministro Theresa May ha avviato una revisione del sistema delle tasse universitarie, che ha l’obiettivo di definire diversi livelli di costo. Le facoltà scientifiche, che in genere consentono un inserimento immediato nella professione e assicurano stipendi più alti, continueranno a costare molto, mentre sono previsti sconti su quelle umanistiche, che appaiono di qualità e interessanti, ma in base alle statistiche non garantiscono redditi altrettanto elevati.
Come dire che le tasse da capogiro sono accettabili se poi consentono di avere stipendi pesanti, mentre a chi si accontenta di un lavoro di medio cabotaggio sarà richiesto di investire meno. Una prospettiva interessante per coloro che amano la letteratura, l’arte, la psicologia e la sociologia e vorrebbero approfittare dell’approccio anglosassone per specializzarsi.
All’origine di questa rivoluzione c’è la constatazione da parte del Governo che spesso “il livello delle rette non corrisponde al costo o alla qualità dei corsi”. Secondo Theresa May e il ministro dell’Istruzione Damien Hinds il sistema deve cambiare, introducendo percorsi di formazione differenti, che si legano ai “benefici per lo studente, per l’economia nazionale e per il Paese”.
La variazione nasce anche dalle ultime statistiche che riguardano il rimborso del prestito d’onore, cui gli studenti si affidano per finanziare la propria educazione superiore. In Gran Bretagna, infatti, sono rare le famiglie che pagano gli studi ai figli.
I ragazzi che vogliono perfezionarsi dopo la fine della scuola superiore chiedono fondi alle banche, ma la maggior parte poi si ritrova in toga alla cerimonia di laurea con un buco in banca di 50mila sterline da restituire, con prelievi costanti che cominciano sin dal primo stipendio incassato.
Un regime di precarietà che risulta assolutamente inaccettabile, soprattutto per l’opposizione laburista, che addirittura vorrebbe eliminare tutte le tasse sull’università, in modo da rendere l’istruzione superiore una possibilità concreta per tutte le classi sociali e non solo per quelle più abbienti.
Per chi arriva da altri paesi, però, la riorganizzazione delle tasse potrebbe rappresentare davvero un incentivo. Perché uno sconto sui costi di formazione risulta interessante, soprattutto a parità di qualità dell’insegnamento.
E poi nel mondo anglosassone è facile spostarsi da un settore a un altro, quindi risulta semplice anche studiare filosofia o sociologia e poi dedicarsi, magari dopo un master, ad attività in campo economico. Una duttilità del mercato del lavoro che manca al sistema italiano ma funziona benissimo nel Regno Unito, dove capita di cambiare completamente carriera anche a cinquant’anni. Semplicemente perché si desidera farlo e si ha voglia di rimettersi in gioco.
Articolo realizzato in collaborazione con SI-UK, società specializzata nell’assistere studenti internazionali interessati a frequentare l’università UK. Per maggiori informazioni visita il sito www.studyin-uk.com.