Erasmus addio. Uno degli effetti pratici più controversi della Brexit riguarda l’uscita del Regno Unito dal programma per lo scambio degli studenti universitari, intitolato al filosofo di Rotterdam, che da trent’anni porta i giovani d’Europa a specializzarsi in Paesi diversi da quello d’origine.
Queste esperienze di scambio spesso associate a future opportunità di lavoro sono sempre state finanziate in parte grazie ai fondi dell’Unione europea e hanno coinvolto nel tempo circa nove milioni di studenti. Secondo le statistiche 17mila all’anno erano inglesi che lasciavano casa per spostarsi in Italia, Francia, Germania o Spagna e 32mila circa erano europei che approdavano sull’isola, attratti delle università di Londra, ma non solo.
Per la prossima edizione, che copre il periodo dal 2021 al 2027, erano stati stanziati a livello europeo finanziamenti per 14 miliardi di euro, ma i giovani inglesi non potranno approfittare nemmeno di un penny.
Il Governo ha abbandonato il progetto e inseguendo il suo perenne sogno di autonomia ha pensato di lanciare un programma di scambio su scala internazionale, che prenderà il nome da Alan Turing, il matematico inglese che riuscì a decifrare il codice crittografato delle truppe tedesche durante la Seconda Guerra Mondiale ma fu anche perseguitato in patria per la sua omossessualità.
Questo nuovo schema dovrebbe sostituire l’Erasmus, considerato dai Tories troppo costoso. Peccato che quali saranno i finanziamenti e come si svilupperà non è ancora stato chiarito, nemmeno ai vertici di University UK, che hanno sollevato perplessità e preoccupazioni per le possibilità che per ora sembrano solo negate ai giovani inglesi di talento.
L’unica certezza, a questo punto, è che per i giovani che al momento sono già arruolati nel programma Erasmus non ci saranno cambiamenti fino alla scadenza del programma che avevano sottoscritto. Come del resto non ci saranno variazioni per gli europei che stanno frequentando corsi universitari in Gran Bretagna o per coloro che sono già entrati nel Paese e si iscriveranno entro i prossimi mesi.
L’effetto Brexit colpirà con tutta la sua potenza le prossime leve e farà in modo che studiare nelle università britanniche diventi più difficile per i ragazzi del Vecchio Continente, visto che sarà necessario richiedere un visto e soprattutto le rette verranno parificare a quelle di chi proviene da paesi extraeuropei.
Se fino ad ora gli europei pagavano come gli inglesi una media di 10mila sterline l’anno per iscriversi, infatti, dal prossimo anno dovranno sborsarne circa 30mila, il che ovviamente significa ridurre il numero dei giovani che verranno a studiare da questa parte della Manica.
Un minimo di aperura rimane, invece, per i giovani ad alta qualificazione, visto che le borse europee per la ricerca, chiamate Erc grants, potranno ancora essere assegnate ai ricercatori della Gran Bretagna, che continuerà a fare parte del programma Horizon Europe, che ha messo sul piatto ben 95 miliardi e mezzo per il periodo che va dal 2021 al 2027.
Insomma, un piccolo sospiro di sollievo per il mondo dell’università, che si affida a questi fondi per buona parte dei suoi progetti di ricerca e sviluppo. Ma anche un segno del fatto che la specializzazione non dispiace ai britannici. Come dimostra il piano per l’immigrazione, nel quale il governo Johnson ha previsto agevolazioni per chi ha un dottorato di ricerca. Specialmente se è stato conseguito in materie scientifiche.