Vittoria importante per il governo May nell’iter parlamentare della Brexit. Dopo un acceso dibattito, i deputati nella Camera dei Comuni hanno respinto – per un soffio di voti, 319 a 303 – l’emendamento che avrebbe conferito al Parlamento un “voto significativo” (meaningful vote) sull’accordo finale con Bruxelles per l’uscita del paese dall’ Unione Europea.
La votazione presso la Camera dei Comuni si è conclusa dopo un “ping-pong legislativo” fra i due rami del Parlamento.
Osteggiata fin da subito dalla camera bassa nel primo round di dibattito parlamentare, la proposta di legge era stata rifiutata dalla Camera dei Lord solo tre giorni fa, cambiando nuovamente le carte in tavola.
Se approvato, l’emendamento avrebbe concesso ai deputati il diritto di respingere un accordo con Bruxelles “non gradito” e di eventualmente rifiutare la possibilità di un “no deal”, ossia la tanto temuta uscita dall’Unione senza un accordo.
Ma avrebbe anche messo in pericolo il già fragile esecutivo di Theresa May, nonché la sua credibilità nel rispettare il voto popolare.
Tra i Lord vi è infatti una massiccia componente contraria alla Brexit nonostante il voto popolare del 23 giugno 2016, nonché un gruppo di conservatori “ribelli” – capitanato da Dominic Grieve, autore dello stesso emendamento – favorevole a mitigarne almeno gli effetti.
Un compromesso ideato dalla stessa May con i membri “ribelli” a poche ore dal voto ai Comuni ha messo fine alla disputa all’interno del partito (al punto che lo stesso Grieve si è ritrovato a votare contro il suo stesso emendamento): il governo ha promesso un nuovo dibattito e un nuovo voto nel caso in cui in autunno il Parlamento dovesse respingere l’accordo con Bruxelles.
May ha quindi potuto tirare un sospiro di sollievo, ma questa è solo una battaglia vinta in una guerra – quella sulla Brexit – ancora tutta da giocare. Mancano solo 9 mesi all’uscita formale del Regno Unito dall’Unione (prevista per il 29 Marzo 2019), e il governo britannico presenta ancora un esecutivo confuso e diviso sulle modalità di uscita. Al momento, appare più probabile un’ipotesi di una “soft Brexit”, dopo che la premier ha promesso un accordo doganale con l’Unione Europea, ma sono ancora in tanti all’interno del governo a capeggiare per una “hard Brexit”.
Le incognite restano tante. I riflettori sono ora puntati al summit europeo del 28 e 29 giugno, dove i vertici europei discuteranno su toni, scenari e questioni in sospeso da risolvere entro l’autunno – tra i quali, appunto anche la Brexit. Il nodo più difficile in materia resta quello sul confine irlandese, insieme a tanti altri ancora da sciogliere.
Quello che è certo, è che la Gran Bretagna si presenterà a mani vuote: Downing Street ha confermato che il Regno Unito non presenterà l’atteso documento di 150 pagine che deve descrivere “in modo dettagliato” le future relazioni del paese post-Brexit con l’Unione. L’ennesimo rinvio, mentre il tempo continua a scorrere.