"Attacco a Wembley", un documentario Netflix fa rivivere i disordini della finale di Euro 2020
Per noi italiani la finale di EURO 2020 a Wembley rimarrà sempre la partita del trionfo degli Azzurri. Una vittoria catartica che ha ridato gioia alla nazione aiutandola a risollevarsi dalla tragedia del Covid, ancora piú bella perchè ottenuta ai rigori e giocando nella tana del lupo.
Ma piú che per il risultato finale, la partita dell’11 Luglio 2021 a Wembley viene ricordata per quello che successe fuori dal campo: una vera e propria battaglia urbana, un pandemonio causato da migliaia di inglesi senza biglietto, in preda a alcol e cocaina sin dalla mattinata, determinati a entrare allo stadio, costi quel che costi.
Il documentario Netflix “The Final: Attack on Wembley”, rilasciato questa settimana, offre un resoconto puntuale di questa drammatica giornata, grazie a filmati esclusivi, ricostruzioni grafiche e interviste con alcuni dei protagonisti.
È un film che si guarda con sgomento e incredulità, nonostante l’episodio sia stato ampiamente raccontato (e chi vi scrive era allo stadio quel giorno). Conosciamo bene gli eccessi che certi “tifosi” si concedono, in tutto il mondo, ma quello che si vede nel video è raggelante. Colpisce il modo con il quale, nel giro di poche ore, l’intera area attorno a Wembley diventi un posto dove l’ordine non è piú garantito, vale la legge del branco e del piú forte, e l’isteria collettiva prende il sopravvento.
Uno degli inglesi riuscito a entrare allo stadio senza biglietto (in gergo “jibbing”) racconta con lucidità i vari momenti della giornata, la sua determinazione a compiere un’atto illegale ma ai suoi occhi pienamente giustificato dall’importanza dell’evento. Non c’è ombra di pentimento o vergogna.
I video raccolti da Netflix mostrano scene di guerriglia urbana e di vandalismo demenziale, a tratti quasi inspiegabile. Dalle 8 del mattino fino al fischio finale, il documentario mostra l’escalation, illustrando i vari errori fatti dagli organizzatori: assenza di una barriera esterna invalicabile; nessuna polizia fino alle 3 del pomeriggio, ma soprattutto la decisione scellerata di ridurre la capienza vendendo 23mila biglietti in meno dei posti disponibili (un invito a nozze per chi vuole entrare illegalmente).
Scopriamo anche che gli addetti alla sicurezza di Wembley, al momento dei rigori, paradossalmente hanno pregato che vincesse l’Italia. Se avesse prevalso l’Inghilterra, le seimila persone ancora fuori dallo stadio avrebbero dato un ultimo, disperato, assalto ai tornelli, aperti per fare defluire il pubblico, per assistere alla premiazione, e si sarebbe rischiato un altro Heysel. Fortunatamente non è andata così.
Nel finale c’è spazio per l’altra vergogna della finale, la caterva di insulti razziali rivolti ai tre giovani giocatori di colore inglesi (Rashford, Sancho, Saka), colpevoli di avere sbagliato dal dischetto. Eroi fino a un attimo prima, bersagli di odio subito dopo, almeno per una minoranza ignorante e violenta.