Hospitality: a Londra è campagna acquisti. Ma il personale scarseggia

Un locale su tre non ha staff a sufficienza per affrontare la crescente domanda. In campo anche il sindaco Sadiq Khan che rintuzza il governo Johnson

Hospitality: a Londra è campagna acquisti. Ma il personale scarseggia

 

“Non abbiamo staff per riaprire”. È allarme tra pub e ristoranti di Londra e Regno Unito per la carenza di personale nel post lockdown. Come conferma, infatti, una indagine di mercato condotta dall’organizzazione Springboard un locale su tre non ha personale a sufficienza per affrontare le riaperture. 

L’indagine, condotta coinvolgendo quindici tra le organizzazioni leader della ristorazione britannica, che contano oltre 104 mila operatori nel settore, evidenzia la mancanza di personale, nonché l’assenza di staff qualificato. 

A mancare sono cuochi, camerieri, manager. Brexit prima e Covid in subordine, hanno presentato un conto salato per la ristorazione del Regno Unito, con un tracollo di 355 mila unità tra marzo 2020 e quello del 2021. Sono numeri, questi, che ora mettono in crisi un intero comparto. 

Angelo Todaro, floor manager in forza ad IT, in Mayfair, conferma quello che i dati provano a narrare: “Quello del personale è un problema comune a tutti. Non si trova nuovo staff da inserire nell’organico e quello che c’è non è adeguatamente qualificato. L’arruolamento dall’estero è reso complicato dal nuovo regime migratorio, con il nuovo sistema a punti, e l’incertezza per la pandemia. Tutto questo ci penalizza profondamente”.

Una compressione di disponibilità che era ampiamente preventivabile. Ce lo dicono i numeri. A dicembre del 2020, il Manifesto di Londra, think tank progressista, evidenziava che un italiano su dieci avrebbe lasciato il Regno Unito per il combinato disposto micidiale di Brexit e Covid-19. 

Numeri simili sono stati comunicati a maggio dall’IMA, l’autorità per il monitoraggio dei diritti degli europei nel Regno Unito, che, attraverso una propria indagine ha evidenziato che un europeo su dieci sarebbe sul punto di lasciare il Paese al 30 giugno del 2021. 

Una fuga che finisce per ripercuotersi inevitabilmente su settori strategici, come quello della ristorazione. 

E i locali fanno quello che possono: campagna acquisti. 

Marco Piscitelli, cameriere con esperienza nel mondo del catering italiano, ammette: “Siamo tutti bombardati da offerte di lavoro. Da quando abbiamo riaperto a maggio ne ho già ricevute già cinque”. 

Stessa situazione per Alberto Rinaldi, da anni impegnato nella ristorazione inglese, che conferma: “Tutti i posti in cui ho lavorato mi hanno chiamato proponendomi una riassunzione. Parliamo di almeno sei contatti. Peccato che, però, nel frattempo sia passato al mondo delle costruzioni, dove ho continuato a lavorare senza alcun problema”. 

Una prima risposta arriva intanto dal primo cittadino londinese, Sadiq Khan, che ha annunciato una serie di misure a favore della ristorazione della Capitale. “Con il doppio colpo di Covid-19 e Brexit, la ristorazione londinese vive una carenza di personale che mette a rischio la ripresa della nostra città. Oltre al programma Skills Academies, che é diretto a formare i londinesi, sto esortando il governo a rivedere le regole migratorie”. 

Tra le proposte, quella che ha suscitato maggiore interesse nel settore, uno speciale visto, coronavirus recovery visa, per riportare i lavoratori esteri di nuovo in terra britannica.  

La palla ora torna nel campo del governo di Boris Johnson. Il settore auspica delle misure capaci di alleviare le presenti difficoltà.