“It’s too difficult to make sense of Italy” ammette con aria sconsolata John Hooper, giornalista inglese basato in Italia, corrispondente del Guardian per il Sud Europa.
Per anni Hooper ha dovuto rinunciare all’idea di scrivere un libro sull’Italia, come invece aveva fatto per la Spagna. Troppo difficile capire il nostro paese. Troppe cose paradossali, inspiegabili, per chi non è nato e cresciuto nello stivale. Passati quasi vent’anni, alla fine il libro (“The Italians”, Penguin Books), Hooper lo ha scritto lo stesso, ma ricorrendo inevitabilmente, come ammette lui stesso, a continue generalizzazioni.
Ma cosa significa essere italiani? Se ne è parlato giovedì 10 settembre in un dibattito all’Istituto Italiano di Cultura di Londra, strapieno per l’occasione. A confrontarsi con Hooper è Barbara Serra, anche lei giornalista e autrice di un libro sull’argomento (“Gli italiani non sono pigri”, Garzanti), con il docente Andrea Mammone a fare da moderatore.
Fa una certa fatica Hooper ad esprimere un opinione precisa sugli Italiani. Non a caso, le parole che pronuncia piú spesso sono “Having said that…”. Finita una frase con un concetto, ecco una seconda frase con un concetto diverso, se non addirittura opposto. Un modo pirandelliano per descrivere gli Italiani e per mettere in evidenza le nostre continue contraddizioni.
Hooper pone l’accento sulle profondi differenze tra il nord, centro e sud Italia, dedicando un pensiero a parte alla capitale. “Roma è una citta inusuale” osserva Hooper, “Il Vaticano ha un impatto enorme sulla mentalità romana. A Roma avvengono cose che non succedono nelle altre città italiane.”
L’approccio di Barbara Serra è piú pratico e piú da insider. Nonostante abbia vissuto in Danimarca e si sia affermata professionalmente in UK, Serra è cresciuta in una famiglia italiana e conosce bene le dinamiche alla base dei tanti stereotipi che gli italiani si portano dietro all’estero: bamboccioni, mammoni, pigri. “C’e sempre del grano di verità in tutti gli stereotipi” dice Serra, “ma è importante guardare alla storia, alla ragione dietro certi comportamenti.” , come ad esempio la nostra atavica insicurezza, la curiosità di “chiedere sempre cosa pensano gli altri di noi”.
Le due ore di dibattito scorrono rapidamente. Il pessimismo di Hooper (“molti italiani sono rassegnati al declino”) è condiviso in parte da Serra, che nota come molti giovani italiani siano bloccati dal cinismo del “tanto non cambia niente”. Ma ci sono anche segnali incoraggianti. Da qualche anno, nota Serra, l’Italia fa notizia in modo positivo, ad esempio per la gestione del problema dei rifugiati, e i tanti italiani che arrivano a Londra, una volta inseriti in un contesto aperto e stimolante, riescono a mostrare doti e caratteristiche vincenti.
Francesco Ragni
Londra, 22/9/2015
foto: @john_hooper, @BarbaraGSerra