La recensione: Franco Battiato, un irresistibile richiamo

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Franco Battiato in concerto a Scala, London, 9 marzo 2015 (Foto: Luca Viola © – www.lucaviolaphoto.com)

 

Ci sono un migliaio di persone ad accogliere Franco Battiato a Londra ieri sera alla Scala di Kings Cross. Un pubblico dall’anagrafe ampia, a sottolineare il lungo percorso dell’artista siciliano.

L’inizio del concerto è dedicato alle canzoni del suo ultimo album-progetto Joe Patti’s Experimental Group e per questo Battiato chiede al pubblico un piccolo “sacrificio” di 30 minuti.

Dopo i primi cordiali applausi (“non strapazzatevi” ci esorta) l’atmosfera cresce grazie a una scaletta ben studiata. Si intravede un legame armonico continuo tra un passato a cui ispirarsi e un presente che è già futuro. Ad ascoltarlo viene in mente qualcosa tra un sacerdote di un rito pagano e un direttore di sinfonie elettroniche. Battiato è seduto di fianco al pubblico, concentrato sulla sua musica. Accanto a lui Pino ‘Pinaxa’ Pischetola, sapiente ingegnere del suono, che lo aiuta a estrarre la musica da un meccano di tastiere e sintetizzatori.

Per la musica di Battiato si sono usati tanti aggettivi: spirituale, sinfonica, intellettuale, ermetica, filosofica, pop. Tutti appropriati ma nessuno conclusivo, come si deve ad un artista di grande originalità, sempre in cammino.

 

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Franco Battiato in concerto a Scala, London, 9 marzo 2015 (Foto: Luca Viola © – www.lucaviolaphoto.com)

 

Dopo la prima parte del concerto, con il pubblico che apprezza ma non si esalta, ecco il “siamo pronti”.  Battiato abbandona le tastiere, si alza, e arriva finalmente davanti al pubblico per ammaliarlo e cantare insieme a lui.

Si comincia con Un irresistibile richiamo per poi approdare alle liriche mistiche del grande saggio Sri Ramana Maharshi con Stati di Gioia o meglio “States of Joy”, in omaggio al territorio che lo ospita per una notte. Poi ci chiede “do you remember?” per introdurre The Ocean of Silence e finire con No Time No Space, che sembra perfetta per confondere definitivamente le coordinate di tempo e di luogo, in questa memorabile sera anglo-italiana.

Ci saluta troppo presto ma è subito richiamato al bis e a questo punto niente è precluso: arriva allora il sonetto Come away death, opera di un poeta inglese: a canzone iniziata si interrompe per ricordarci che quel signore è William Shakespeare, piuttosto conosciuto da queste parti. E non solo.

Quando su Prospettiva Nevskij Battiato si perde una strofa, cerca e trova subito la complicità del pubblico, ben disposto a sostenerlo con un canto corale.

Con La Stagione dell’Amore si arriva all’ultimo bis (“Tanto vale che rimaniamo qui”, dice lui) e c’è spazio ancora per un aneddoto del 1975: quando un Battiato stanco e con barba e capelli lunghi partecipò, non lontano da qui, al Festival Roundhouse, un evento popolato dalle star dell’epoca come i Magma col loro rock progressivo e la musica cosmica dei Tangerine Dream. Mentre stava preparando la musica (già allora “d’avanguardia spietata” dice ironicamente), Battiato venne scambiato per il tecnico del suono e applaudito con cori tipo “You are the best!”. Quando il pubblico, dissacratore per natura se non per convinzione, si accorse che in realtà lui era il protagonista della performance, dalla folla si levarono dei sonori “Go home!”.

Ieri sera invece a casa non ci voleva andare proprio nessuno.  What a difference forty years make.

 

Giancarlo Castelli

Londra, 10/3/2015

 

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Franco Battiato in concerto a Scala, London, 9 marzo 2015 (Foto: Luca Viola © – www.lucaviolaphoto.com)