
L’undicesimo Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, si è dimesso alle 10.35 di oggi, mercoledì 14 gennaio 2015.
Il suo è stato il mandato presidenziale più lungo della storia della Repubblica Italiana (8 anni e 8 mesi). Napolitano, che compirà 90 anni a giugno, era stato eletto Presidente il 15 maggio 2006, ai tempi del secondo governo Prodi, e rieletto per un secondo mandato il 20 aprile del 2013, nonostante la sua stessa riluttanza.
Da questo momento, Pietro Grasso, Presidente del Senato detiene la supplenza del ruolo di capo dello Stato, in attesa che venga eletto il nuovo Presidente. A votare sarà il Parlamento in seduta congiunta (Camera e Senato), con l’aggiunta di 58 rappresentanti delle Regioni. Un totale di 1009 elettori. La prima seduta dovrà essere convocata dal presidente della Camera, Laura Boldrini, entro i prossimi 15 giorni. Le prime votazioni richiederanno una maggioranza dei 2/3 dei voti, mentre dalla quarta votazione in poi saranno sufficienti la metà dei voti più uno (505).
Chiamato dagli anglosassoni “King George” (per la lunga durata della sua presidenza, più che per il suo aplomb britannico), Napolitano è stato generalmente apprezzato all’estero come uno statista di capacità e carisma, capace di usare fino in fondo i poteri poco più che cerimoniali del suo ruolo.
Nel dare la notizia delle sue dimissioni, l’Independent sottolinea già nel titolo il ruolo di Napolitano nel far cadere Silvio Berlusconi (“the President who gave Silvio Berlusconi the boot”), mentre il Guardian lo definisce “una presenza stabile – persino morale – nella politica Italiana in tempi difficili”. La stampa inglese evidenzia come l’elezione del nuovo Presidente sia difficilmente prevedibile ed esprime qualche preoccupazione sul rischio di rallentamento del processo di riforma del Paese.
Napolitano ha visitato più volte Londra durante il suo mandato, l’ultima delle quali nel luglio 2012 per partecipare alla Cerimonia di Apertura delle Olimpiadi. In precedenza era stato a Londra nel 2006, visitando tra l’altro la London School of Economics and Political Science, e nel 2009.