Il Regno Unito uscirà dall’Unione Europea il 29 marzo 2019, come previsto, ma chiede di rimanere “dentro” per un periodo di circa due anni, necessario per implementare tutte le nuove regole. È questa la novità presentata da Theresa May nell’atteso discorso tenuto oggi a Firenze.
Il periodo di transizione è necessario, ha detto la May, per assicurare un’uscita “tranquilla e ordinata” e per permettere alle aziende e le organizzazioni pubbliche UK di organizzarsi per il nuovo regime. In questi due anni, secondo quanto proposto dalla May, rimarrebbero in vigore le attuali libertà di movimento, quindi frontiere aperte con l’Europa, anche se con obbligo di registrazione.
May ha ribadito che uscendo dall’Unione Europea il Regno Unito perderà l’accesso al mercato unico (una circostanza a lungo negata da Boris Johnson che insisteva di potere “avere la torta e mangiarla”) ma ha chiesto all’UE di essere “creativa” e di trovare con Londra un accordo speciale, diverso sia da quello dei paesi membri EEA, come la Norvegia, sia da paesi terzi come il Canada. Sull’aspetto economico, pur senza fornire alcuna cifra May ha confermato che il Regno Unito pagherà per tutti gli impegni già presi, il cosiddetto “Brexit bill”. Anche in questo caso, un passo indietro rispetto alle posizioni iniziali dei Leavers piú agguerriti, convinti di poter uscire senza pagare dazio.
Sul tema dei diritti degli europei May ha sostenuto che siano stati fatti importanti progressi ma non ha fornito alcun dettaglio, limitandosi a ribadire la sua volontà di fare rimanere tutti quelli che vivono nel Regno Unito, purchè siano offerte garanzie analoghe per gli expat britannici che vivono nei paesi dell’Unione.
Quello della May è stato un discorso “alto”, mantenuto a livello di principi, senza scendere in proposte concrete, lasciate al team di negoziatori guidato da David Davis. Ma tra le righe è emersa chiaramente una presa di coscienza del Primo Ministro: a oltre un anno dal referendum l’uscita dall’Unione Europea è ancora tutta da costruire, ed è molto piú complessa e potenzialmente rischiosa di quanto chiunque avesse potuto immaginare.
Il periodo di transizione (ipotizzato in due anni ma potrebbe essere anche piú lungo) servirà a farlo in modo graduale. Resta da vedere se l’Unione Europea sarà d’accordo a concedere questo “scivolo” e in che modo l’opinione pubblica interna UK che ha votato per il Leave accetterà il ritardo nella Brexit. Un fuoco incrociato che potrebbe essere fatale alla May.