Centri commerciali, musei, i luoghi più iconici della musica e della cultura londinese hanno tutti scelto di chiudere come prevenzione alla diffusione del coronavirus.
Selfridges da oggi non sarà aperto, né la storica sede lungo Bond Street a Londra e neppure i negozi distaccati di Manchester, Birmingham e in altre città inglesi. Lo stesso vale per l’Apple Store e il Nike Town a pochi passi da Oxford Circus.
Tutti i teatri del West End hanno scelto di non mettere in scena nessuno dei musical in programma fino a data da destinarsi, compreso “Les Miserables” che andava avanti ininterrottamente da oltre trent’anni.
Tra i primi musei che non hanno aperto già da questa mattina ci sono il Natural History e la Tate Gallery ma nelle ore che passano altri stanno seguendo lo stesso esempio: dalla National Gallery al British Museum.
I “grandi” di Londra, insomma, hanno scelto di propria iniziativa di non diventare un luogo a rischio coronavirus, prendendo spunto dalle stringenti direttive emesse negli altri paesi, come Italia, Spagna e Francia, dove i rispettivi governi hanno obbligato alla chiusura forzata qualsiasi tipo di luogo pubblico.
Nel caso del Regno Unito, il premier Boris Johnson ha fino ad ora “solo invitato” a non frequentare i luogi di aggregazione. La controrisposta, più sensata, di organizzazioni, imprenditori e società varie è stata invece quella di chiudere di propria iniziativa le rispettive attività.
Ora la palla passa al mondo dell‘hospitality dove ancora non esiste una linea comune tra fast food, ristoranti, pub e food market. Anche in questo caso la scelta di chiudere o meno è a dicrezione dei singoli, e fino ad ora sta prevalendo quella del keep calm and carry on, con pinte di birra che proseguono a scorrere a fiumi tra risate e pacche sulla spalle.
(Nella foto in alto di Sergio Mattioli una vuota Piccadilly Circus)
https://twitter.com/Selfridges/status/1240035705318932482