«Vivere a Londra non è facile, mi mancano i colori di Baghdad», intervista a Giulia Romani

Intervista a Giulia Romani, oggi Console d'Italia a Londra dopo un'esperienza in Iraq

«Vivere a Londra non è facile, mi mancano i colori di Baghdad», intervista a Giulia Romani

 

Il profumo di pizza sotto il cielo di Baghdad. I film, la sera, proiettati al calar del sole che, stancamente, si addormentava ai piedi del Tigri. Non è l’inizio della storia della Console Giulia Romani, oggi impiegata al Consolato Generale d’Italia a Londra. Ma ne è certamente un affascinante capitolo. La laurea in Scienze Politiche Internazionali, il concorso pubblico, l’inizio di una carriera diplomatica a Roma prima e Madrid poi hanno preceduto l’avventura in Iraq, poi seguita dall’esperienza londinese. Oggi Giulia Romani, nativa di Lucca e laureatasi a Pisa, è Console a Londra, in una struttura seconda nel mondo solo a Buenos Aires. Un percorso che la stessa Romani non sapeva dove avrebbe portato ma che, una volta intrapreso, ha riservato tante affascinanti sorprese. In fondo, anche i tramonti in riva al Tamigi non sono poi così male.

Dottoressa Romani, ha sempre voluto lavorare nelle relazioni internazionali?

No. E’ stato un cambio di rotta avvenuto all’ultimo anno delle superiori. Ho sempre creduto di studiare medicina, poi al liceo mi sono appassionata al greco antico e ho coltivato per qualche tempo il sogno delle Lettere Classiche, fino all’ultimo anno, quando ho optato per qualcosa di completamente diverso.

Alla fine Scienze Politiche Internazionali…

E’ stato un rischio. Nessuno nella mia città pensava che la diplomazia potesse essere un lavoro. Poi, dopo la laurea, ho tentato il Concorso Diplomatico. Era il 2010.

E l’inizio di una carriera nell’ambito delle relazioni internazionali.

Inizialmente sono rimasta a Roma, al Ministero degli Esteri, per due anni. Quindi ho vissuto un periodo di prova a Madrid e nel gennaio 2013 sono partita per Baghdad.

Un ambiente delicato. 

Ho sempre desiderato una sede difficile. E nonostante sia stata una scelta sofferta, ho chiesto io di andare in Iraq.

Due anni e mezzo in Medio Oriente. Un’esperienza intensa…

Un periodo bellissimo e difficile in un’atmosfera complicata e sofferente che credo non si trovi altrove. Ero parte di un ‘qualcosa’ di diverso e ho incontrato persone che posso definire amiche.

Quale era la sua giornata tipo?

Impegni istituzionali, tra Ministeri ma non solo, sette giorni su sette.

Uscivate mai dalla vostra sede?

Il sabato io e la mia collega andavamo a prendere il pane fresco, facevamo un po’ di spesa e una passeggiata, ma non uscivamo mai dalla zona verde. Poi, qualche iniziativa per familiarizzare tra tutti i colleghi. Dalle serate di cinema all’aperto al pizza party organizzato dai Carabinieri del Reggimento Tuscania. Ci divertivamo, e ci serviva anche per allentare la tensione.

In due anni e quattro mesi in Iraq, avete vissuto momenti di criticità?

Nel giugno del 2014. L’Isis aveva preso la città di Mosul e temevamo che potesse arrivare anche a Baghdad. E’ stato un periodo di grande stress.

Le piacerebbe tornare?

Certo. Ma quando lasci l’Iraq in cuor tuo sai già che difficilmente riuscirai a tornarci.

Un nuovo capitolo della Sua carriera lo sta adesso scrivendo a Londra.

Sono arrivata in Inghilterra il 27 aprile 2015. L’inizio è stato difficoltoso, si tratta di una città frenetica e individualista, popolata da tantissima gente. Viverci non è facile. Abituata a spazi ampi e deserti come quelli dell’Iraq, non nascondo che i primi mesi sono stati faticosi, considerato che il cambio di ambiente è avvenuto da un giorno all’altro.

Un aspetto dell’Iraq che le manca e che vorrebbe avere in Inghilterra.

Mi mancano i colori. A Baghdad il cielo era stupendo. Mi ritengo una persona fortunata per aver avuto l’occasione di ammirare i tramonti sul Tigri. L’Iraq è un grande paese, purtroppo martoriato.

In qualità di Console, quali sono i suoi compiti principali?

Sono a capo del personale del Consolato; in tutto sono circa 65 persone. In generale, supervisiono tutti gli uffici, lavoro accanto al Console Generale Massimiliano Mazzanti, organizzo gli incontri di Primo Approdo, ed eventi per la collettività. Ci sono tanti aspetti da far funzionare.

Console, quanti italiani ci sono a Londra?

Stimiamo un dato attorno alle 500.000 unità. A gennaio 2016 gli iscritti all’Aire erano 257.000. In totale, ce ne sono più del doppio.

Ritiene che i tanti italiani che vivono nella capitale inglese siano a conoscenza di tutti i servizi che il Consolato è in grado di offrire?

Credo che la maggioranza sia a conoscenza dei servizi ai quali può accedere. Abbiamo un sito ricco di informazioni, i social network sono sempre aggiornati con gli eventi più importanti. Inoltre, a diffondere le informazioni, ci aiuta la rete onoraria sul territorio.

Nello specifico, di quali servizi parliamo?

Rilascio passaporti e Carte d’Identità per gli iscritti all’Aire rilascio documento di viaggio provvisorio; l’Ufficio di Stato Civile si occupa di atti di nascita, divorzi, atti di morte; iscrizione all’Aire, ci sono gli uffici per l’assistenza sociale a persone in difficoltà; c’è poi l’Ufficio Visti, l’Ufficio Cittadinanza e quello Notarile.

Una mole di lavoro notevole…

Gestiamo la rete del secondo Consolato al mondo dopo Buenos Aires. Il primo in assoluto per emissione di documenti. Emettiamo in media 1.800 passaporti al mese, solo per fare un esempio. Inoltre, dopo che sono stati chiusi i Consolati di Manchester e Bedford, rispondiamo per altri 55.000 italiani che vivono in Inghilterra. Con 50 persone impiegate, ne gestiamo circa 500.000.

Lamentele?

Sappiamo che non tutti sono soddisfatti del nostro servizio e ci dispiace ma cerchiamo sempre di fare il massimo possibile con risorse limitate. Non si tratta di negligenza o mancanza di responsabilità. Un esempio, il sistema di prenotazione degli appuntamenti è standard, non è stabilito da noi. E gli appuntamenti giornalieri sono limitati. Più di un certo numero di persone non riusciamo a ricevere. Cerchiamo comunque di fare il possibile e anche l’impossibile. Sempre.

Dall’Inghilterra, uno sguardo all’Italia. Come sta il nostro Paese?

Il polso della situazione italiana lo valutiamo in maniera indiretta in base alle persone che si iscrivono all’Aire. Solo lo scorso gennaio abbiamo avuto più di 2.100 richieste. Segno di una popolazione che continua a lasciare l’Italia per il Regno Unito.

Perché l’Inghilterra secondo lei?

E’ un sistema che funziona sotto molti aspetti, è geograficamente vicina all’Italia a ben collegata.

Ma, come spesso ripetete durante gli incontri pubblici, non è l’Eldorado…

Conosciamo anche situazioni difficili; dal punto di vista economico, per difficoltà lavorative, o familiare, tradotte in violenze domestiche. Abbiamo conosciuto e conosciamo profondi disagi che sfociano anche in abuso di sostanze stupefacenti. Se Londra è difficile per me, che sono arrivata già con un lavoro da svolgere, non oso pensare cosa possa significare per una persona che viene qui con un bagaglio pieno di speranza.

Un consiglio agli italiani che stanno preparando quel bagaglio?

In Inghilterra il mercato è spietato. Ci sono persone che vengono qui senza conoscere bene l’inglese, ma non è facile partire all’avventura come poteva essere alcuni anni fa. Bisogna pensarci bene e partire con un progetto chiaro, in modo determinato e pronti a rimboccarsi le maniche. Poi, se si sopravvive a Londra, si può andare avanti in maniera ancor più forte.

Console, quali obiettivi ha per la sua carriera?

Mi piacerebbe lavorare in Iran.

Un angolo di Londra che più la affascina.

Amo il verde, il quartiere di Richmond, Green Park, St. James Park. Mi piace molto la Tate Britain.

Quale libro ha appoggiato sul comodino?

Per il momento l’Ipad, i libri di carta sono in Italia. Comunque, sto leggendo Caro signor M., romanzo di Herman Koch. Recentemente ho letto Le colpe dei padri di Alessandro Perissinotto.

Film preferito?

Non ne ho uno in particolare. Mi piace Le conseguenze dell’amore di Sorrentino e La prima cosa bella di Virzì. Poi sono una fan di Christopher Nolan.

Un viaggio che non ha ancora fatto.

Tanti in realtà. Dico India, per vedere il Taj Mahal.

Finiti gli impegni istituzionali, come vive  Giulia Romani la quotidianità londinese?

Il sabato e la domenica esco dalla City. Mi piace concedermi delle lunghe camminate lungo il Tamigi o fino a Kensington Gardens. Sfrutto il fine settimana per respirare. Adoro anche la British Library. Quando posso poi frequento CinemaItaliaUK. Recentemente, per festeggiare i 40 anni di Fantozzi, hanno riproposto il primo film della serie. In inglese, con i sottotitoli. In sala c’erano molti inglesi divertiti. Fantozzi, in fondo, unisce tutti….

 

Intervista di Andrea Nalio

Londra, 20/3/2016

foto: A.Nalio