La cronaca di Londra fatta romanzo. Intervista a Stefano Tura

Con la scrittura dei gialli il giornalista Rai racconta la City odierna. In libreria il suo ultimo romanzo "A Regola d'Arte"

La cronaca di Londra fatta romanzo. Intervista a Stefano Tura

 

C’è chi nel corso della propria carriera giornalistica non pubblica neanche un libro. Il corrispondente della Rai Stefano Tura invece sembra averci preso gusto. Presentato all’Italian Bookshop di Londra (nella foto in alto), «A Regola d’Arte» sarà il suo sesto romanzo giallo, il terzo ambientato nella City, dopo «Tu sei il Prossimo» e «Il Principio del Male».

Non è tuttavia necessario leggere i precedenti per apprezzare il terzo della saga, dove regna il clima di incertezza che caratterizza una Londra post-Brexit. I crimini dell’assassino si svolgono all’interno degli ambienti benestanti della società, nei quali sarà più difficile svolgere indagini che toccheranno da vicino anche personaggi importanti della capitale. Fino ad arrivare a una soluzione del caso dove non sarà così netta la separazione fra il bene e il male.

Stefano Tura, questo non è certo il primo giallo ambientato a Londra…
Per me è il primo dove le vicende si svolgono per intero in questa città e che non si ispira direttamente a fatti di cronaca. Giustamente dobbiamo considerare tutta la tradizione che mi ha preceduto. Il genere noir ha la sua capitale qui, anche senza scomodare Agatha Christie o personaggi come Jack lo squartatore. Ci sono autori inglesi apprezzati in tutto il mondo, forse per l’atmosfera cupa che Londra trasmette. Non è difficile essere ispirati da lei. Io ho l’opportunità di coinvolgere la comunità italiana, come filo di connessione per le mie esigenze narrative.

Che impatto hanno avuto le ripetute aggressioni e reati che stanno caratterizzando le periferie della City dall’inizio dell’anno?
Ci sono tagli imposti dal governo alla sicurezza e il terrorismo sta assorbendo il massimo impegno della polizia, facendole purtroppo trascurare altri episodi di criminalità, come furti e scippi. La guerra delle gang però è sempre esistita, oggi è solo più difficile contrastarla. Nei quartieri a rischio non ci sono i controlli casuali che venivano effettuati un tempo e una città così grande non si monitora tutti i giorni facilmente.

L’ultimo libro rispecchia indirettamente anche il clima attuale di incertezza che si respira nella capitale inglese. Delle ripercussioni economiche si è parlato tanto, ma dal punto di vista della sicurezza la Brexit è giustificabile?
No, oltre il fatto che i suoi effetti siano ancora tutti da vedere. La criminalità di questo genere è di matrice britannica, non è condizionata dall’immigrazione. Al massimo è dovuta a ingressi di cittadini di Paesi extraeuropei, ma questi sono cittadini inglesi grazie a passaporti di seconda, terza o addirittura quarta generazione, non hanno nulla a che vedere con la Brexit. L’unico problema potrebbe essere la carenza futura di informazioni scambiate con gli altri Paesi europei, in merito alla minaccia del terrorismo. Più facili da vedere sono le difficoltà economiche, rappresentate anche da tanti giovani che fanno fatica a trovare lavoro. Spesso si tratta di mestieri non qualificati e a volte mal pagati, tanto che in una città così cara si è costretti a condividere stanze o a vivere in periferia. La soluzione non è più Londra in sé e questa inquietudine si percepisce. La Brexit non aiuterà.

Quanto è stato difficile, da cronista di tutti i giorni, calarsi nel ruolo del giallista?
Lo scrivere resta naturale, è lo stile a cambiare. Articoli, reportage, servizi per la televisione rispondono a criteri completamente diversi. Per quanto si possa avere esperienza, la sintesi del giornalismo, dove si deve arrivare dritti al punto, non avrà nulla a che vedere con la cura dei dettagli che chiedono 500 pagine di un libro. Non parlerei di difficoltà, piuttosto di sforzo costante per calarsi nel ruolo. Devo staccare la spina e togliermi le “scorie” del cronista, figuriamoci per una narrazione ragionata come quella di un giallo.

Per questo la classica notte dello scrittore può “portare consiglio”?
Quando ero più giovane certamente sì (ride), con l’età e le nuove esigenze ho bisogno di più giorni insieme. C’è sempre il fatto di avere tante idee e romanzi in testa, ma trasformarli in lavori pubblicabili dipenderà anche dagli editori, se non dai lettori stessi, che ormai sono abituati a vedermi come scrittore di determinati tipi di storie. Non so se rischierei di cambiare genere, sono sicuro però di non fermarmi alla saga londinese, scrivere gialli è un’arte che voglio continuare a coltivare.