Londra come Dubai e Abu Dhabi? La pensa così il sindaco Boris Johnson, per il quale Londra può ancora considerarsi di fatto l’”ottavo emirato”.
Mentre molti si scandalizzano per il continuo shopping nella capitale da parte dei Paesi arabi, il sindaco Johnson continua invece a difenderlo, incoraggiando anzi l’arrivo a Londra di ulteriori investimenti dal medio oriente.
In una video-intervista del Telegraph, Johnson ha ribadito la sua definizione di Londra come l’ottavo emirato (definizione che aveva usato per la prima volta nel 2013, suscitando non poche polemiche), esaltando le virtù della capitale britannica come centro globale per gli investimenti dal mondo arabo. Secondo Johnson “c’è ancora una gigantesca astronave piena di lingotti” in attesa di trovare la sua strada verso la capitale britannica, della quale il sindaco ha lodato la “certezza del diritto” e il suo essere un “luogo sicuro” per il denaro proveniente dall’estero.
Sono dichiarazioni che fanno riflettere ma non posso sorprendere. Già oggi una buona parte dell’economia di Londra è nelle mani dei fondi sovrani di investimento del medio oriente. Interi quartieri della città, da Canary Wharf all’Olympic Village, devono il loro sviluppo ai fondi provenienti dai paesi arabi, mentre il nome “Emirates” della compagnia aerea di Dubai è presente dappertutto a Londra, dallo stadio dell’Arsenal alla cable car che collega la Greenwich Peninsula ai Royal Docks.
Londra sta anche cercando di diventare un centro mondiale per la finanza islamica nel mondo, nel tentativo di attirare maggiore quantità di investimenti dal mondo musulmano, in concorrenza con Dubai e Kuala Lumpur. Pochi mesi fa, la Gran Bretagna è stato il primo paese non musulmano a emettere un Sukuk, uno strumento finanziario che rispetta la Sharia islamica.
“Ci saranno fluttuazioni del prezzo del petrolio, ma non c’è nessun’altra capitale al mondo che sta mettendo in discussione il ruolo di Londra come ottavo emirato” ha continuato Johnson.