UK, un buco di 330mila lavoratori dalla Brexit

E' quanto emerge dal rapporto curato dagli economisti di due think-tank

UK, un buco di 330mila lavoratori dalla Brexit

 

Nel Regno Unito si registra una carenza di 330mila lavoratori, dopo che il paese ha introdotto le nuove regole  sull’immigrazione, molto più restrittive anche per i 27 stati membti dell’Unione Europea.

E’ quanto emerge dal rapporto curato dagli economisti di due think-tank, UK in a Changing Europe e Centre for European Reform. Secondo i risultati dello studio, la fine della libera circolazione sta contribuendo in modo significativo al fenomeno dei posti vacanti in UK.

I settori considerati a bassa specializzazione, come l’ospitalità, la vendita al dettaglio, l’edilizia e i trasporti, risultano i più colpiti dalla perdita di lavoratori in arrivo dall’UE dopo il divorzio di Londra da Bruxelles. Tale carenza non risulta compensata dai lavoratori extra-UE.

Si tratta di numeri molto più contenuti rispetto a precedenti stime da cui era emerso oltre un milione di posti vacanti, stime peraltro elaborate dall’ONS – Office for national statistics.

La carenza di personale dovuta alla Brexit, secondo gli economisti, è comunque destinata a diventare un fenomeno strutturale nel Paese se non si provvederà con interventi mirati a un alleggerimento delle regole sull’immigrazione o con qualche altra modifica delle attuali politiche restrittive.

Invece, dal punto di vista del mondo del lavoro britannico, sempre nel corso delle ultime ore è emerso che il tasso di disoccupazione resta stabile, al 3,7%, nei tre mesi sino alla fine di novembre, ma calano ancora i salari reali. E’ il quadro che emerge dagli ultimi dati elaborati sempre dall’Ufficio nazionale di statistica britannico.

I salari sono cresciuti al tasso più veloce in oltre due decadi, a un ritmo annuo del 6,4% tra settembre e novembre, ma non riescono ancora a tenere il passo con l’aumento dei prezzi. Se infatti vengono adeguati all’inflazione record risulta un calo del 2,6%.

Proprio la richiesta di un adeguamento delle retribuzioni al caro vita è la ragione alla base dell’ampia vertenza sindacale in corso nel Regno Unito. Un totale di 467.000 giorni lavorativi sono stati persi a causa di scioperi a novembre, raggiungendo il livello più alto dal 2011, sempre secondo l’ONS.

L’azione sindacale intanto si intensifica dopo che gli insegnanti si sono uniti agli infermieri nell’annunciare agitazioni sulla retribuzione, mentre il governo conservatore cerca di limitare gli scioperi nel settore pubblico con un disegno di legge molto controverso presentato alla Camera dei Comuni e tentativi di negoziato sino ad ora senza successo.