“Siccome non sappiamo quanti cittadini europei avrebbero dovuto applicare al Settlement Scheme, vista la sua natura innovativa, non conosciamo in realtà quanti di questi mancano all’appello”.
E’ la preoccupazione di Catherine Barnard a capo dell’organizzazione “UK in a Changing Europe”, coautrice, insieme a Jonathan Portes, del rapporto che fotografa lo stato dell’arte del Settelment Scheme a meno di quattordici giorni dalla scadenza della deadline del 30 giungo, termine ultimo per ottenere il nuovo titolo migratorio nel post-Brexit.
“Si tratta di uno schema eccezionale” spiega la professoressa Barnard che, dati alla mano, elogia il genuino sforzo dell’Home Office di assicurare un esito positivo alle oltre 5,6 milioni di applicazioni presentate.
“Un dato davvero rilevante” ammette Barnard, che poi rilancia: “Se anche solo l’1% dei potenziali candidati non avrà applicato alla data del 30 giugno, potremmo essere al cospetto di un gap pari almeno a 50mila europei senza diritto. E nessuna iniziativa governativa di questo calibro ha mai avuto il 100% di risposta”.
Quindi, nella proiezione di “UK in a Changing Europe” sarà scontato avere una fetta di popolazione europea non in possesso di pre-settled o settled status.
Ma di chi parliamo? “Saranno molto probabilmente soggetti cosiddetti vulnerabili” spiegano dall’organizzazione britannica.
“Giovani, in particolare minorenni, anziani, specie quelli affetti da demenza, nonché vagabondi o senzatetto sono i principali soggetti che non avranno applicato per il Settlement Scheme alla scadenza. Inoltre c’è un numero considerevole di europei che non è ancora consapevole della nuova normativa. Infine ci sono cittadini che non hanno applicato perché temono l’utilizzo di questi dati da parte delle autorità governative”.
A queste problematiche se ne legano di ulteriori, come evidenziato nel rapporto.
“Sappiamo che ci sono ancora ridotti margini di applicazione dopo la deadline del 30 giugno. L’Home Office ha parlato di significative eccezioni. Ma quali siano considerati tali, ancora non è dato saperlo”.
“Inoltre, questo nuovo sistema migratorio, specie nella sua eccezione del pre settled necessita di accortezza. Ad un certo punto bisognerà fare l’upgrade al settled status. Certo l’Home Office ha annunciato che procederà ad informare i potenziali candidati, ma non potrà farlo per tutti. Cosa succede ad esempio per gli homeless?”.
A questi elementi di tensione, se ne lega un altro, forse il più rilevante, connesso alla natura solo digitale del nuovo titolo migratorio.
“Al cospetto di proprietari di casa e datori di lavoro sarà possibile presentare un codice per dimostrare il proprio status, il proprio diritto. Ma non sarà sempre facile da fare. Recentemente, ad esempio, ci siamo imbattuti in un proprietario di casa che, non essendo pratico col computer, non sapeva come verificare la legittimità dello status migratorio. Una difficoltà che conduce alla nodo principale della questione: l’assenza di una prova materiale del pre-settled and settled status”.
“L’impossibilità di sfoggiare un documento fisico è uno dei punti di maggiore debolezza del settlement scheme” conclude Catherine Barnard.
Una criticità che da mesi organizzazioni e associazioni in campo per la tutela dei diritti dei cittadini UE fanno rilevare. Un campanello d’allarme che oggi si intensifica per effetto del rapporto di “UK in a Changing Europe” e per l’imminente approcciarsi della scadenza per fare applicazione al nuovo regime migratorio.
A questo link è possibile consultare l’intero rapporto di “UK in a Changing Europe”