“Il Settlement Scheme è soggetto a discrezionalità e discriminazioni”

Cristina Tegolo, coordinatrice di "Settled", in una nostra intervista analizza le debolezze del sistema che regola la permanenza degli europei nel post Brexit

“Il Settlement Scheme è soggetto a discrezionalità e discriminazioni”

 

La gestione del settlement scheme è soggetto a discrezionalità e discriminazione”. È il giudizio di Cristina Tegolo, coordinatrice per i servizi di “Settled”, una delle organizzazioni che supporta la comunità dei cittadini europei nel post Brexit. 

A trentuno giorni dall’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea si restringe la finestra temporale per adeguarsi alle nuove regole fissate dal governo Johnson per rimanere nel Regno Unito. Tra paura di rigetto delle applicazioni e domande all’ultimo minuto, ci siamo rivolti a Settled per capire quale è la situazione sul fronte settlement scheme. 

“Sono diversi i problemi che stiamo affrontando in queste settimane. ll Covid, certo, non aiuta, con un forte rallentamento nelle pratiche da parte degli uffici. Su tutti possiamo citare la chiusura del digital scanner service. Per chi non ha app o cellulare, la scannerizzazione del documento richiesto nel corso del procedimento è impossibile, e ottenere lo status è impensabile”. 

Ma il coronavirus è solo un elemento che si aggiunge alle criticità di cui l’architettura del settlement scheme risente. “Come Settled lavoriamo per supportare i più vulnerabili in collaborazione con le autorità locali e l’Home Office. Abbiamo fornito servizio a più di sei mila cittadini europei aiutando in particolare anziani e senzatetto. Confrontandoci con queste realtà è emerso che, non solo c’è un rischio concreto di discrezionalità e discriminazione, ma anche una incapacità comunicativa”. 

Partiamo dal primo punto, perchè discrezionalità? “Come verranno gestite le assenze superiori ai sei mesi che compromettono il requisito di prolungata residenza nel Regno Unito? Il giovane lavapiatti che torna a casa perché non può permettersi l’affitto e vedrá compromesso il suo diritto sarà gestito alla stregua di altri casi? Abbiamo già sentori che non sarà così”. 

Il sistema, in particolare, come denunciano associazioni e attivisti, è strutturato in modo da offrire una sponda a discriminazioni anche contro specifiche categorie. Pensiamo a quelle protette dalla legislazione inglese.

Prendiamo ad esempio i controlli automatici condotti per la verifica dei requisiti di residenza. Come spiega Tegolo, “non sono effettuati tenendo ad esempio in considerazione prestazioni sociali come il Child Benefit, che ragionevolmente è più probabile che sia richiesto da una donna. Non tenere in considerazione di queste circostanze può tradursi in evidente rischio di rigetto della domanda”. 

Sul fronte comunicazione, invece “non è stato espresso correttamente il senso di urgenza dell’applicazione. Non è vero che tutti potranno ottenere il settlement scheme entro il giungo 2021. Hanno diritto ad averlo solo quelli che saranno legalmente residenti nel Regno Unito al 12/2020. Inoltre la campagna ufficiale, nel volantino fatto circolare, nella versione italiana dice che i cittadini possono fare domanda. No, non è che possono fare domanda, devono farla, è un obbligo. La devono fare tutti. Dai giovani appena arrivati agli anziani residenti da anni che non hanno mai sentito il bisogno di prendere la residenza essendo sotto l’ombrello della cittadinanza europea”.

E cosa succede a quelli che non ottengono lo status? “Saranno certamente tutelati gli anziani presenti da decenni nel Regno Unito, ma sarà ben più complesso per il senzatetto piuttosto che per il cameriere non in regola. La mancata acquisizione del pre-settled o del settled status farà cadere in una sorta di girone infernale, un ambiente ostile che si tradurrà in difficoltà ad ottenere lavoro, vedersi concedere benefit e ottenere agevolazioni”.