Qualche giorno fa l’Home Office ha pubblicato un video che sosteneva l’importanza di mantenere confini sicuri ed espellere chi è qui illegalmente. Peccato che, secondo lo stesso video, la procedura di rimozione degli illegali sia rigida e soggetta ad abusi, tanto che gli sforzi del governo siano spesso vanificati da avvocati attivisti.
Commenti simili sono apparsi anche in un tweet di Priti Patel, Segrataria di Stato per gli Affari Interni, che dopo aver gioito per il successo di un’operazione tesa ad espellere migranti giunti tramite barca, si è lamentata degli “avvocati militanti” che spesso frustrano i procedimenti di espulsione.
L’associazione professionale degli avvocati non è stata la sola ad aver reagito con forza contro l’uso di queste parole denigratorie nei confronti di chi non fa altro che far rispettare le leggi promulgate dal Parlamento. Se un avvocato riesce ad impedire che una persona venga rimossa dal Regno Unito, evidentemente era il procedimento di rimozione ad essere illegale, non il migrante.
Allo stesso modo, se con l’intervento di un legale un rifiuto si trasforma in accettazione della domanda, era il processo decisionale ad essere viziato. Pare che il video incriminato sia stato rimosso, però iniziative del genere mostrano come l’hostile environment, cioè l’ambiente ostile nei confronti di chi non è cittadino britannico, non risparmi nessuno, e tale ostilità sarà sicuramente dispensata anche agli europei una volta che Brexit sarà conclusa.
Questo spaventa, soprattutto noi avvocati “attivisti” che molto spesso abbiamo successo nel rappresentare i nostri clienti in richieste amministrative o contenzioso con l’Home Office. Oltre ad essere frutto delle nostre abilità legali, l’alta percentuale di successo è probabilmente dovuta anche alla frequenza di errori commessi dagli impiegati pubblici.
Ecco un esempio: giorni fa sono state inviate le domande di pre settled status di due coniugi arrivati in UK da un paio di settimane. Le due domande sono state inoltrate a pochi minuti l’una dall’altra, con requisiti identici ed identica documentazione in supporto. La logica conclusione sarebbe stata quindi quella di ricevere risposte uguali, ma non è stato cosi.
Infatti, mentre il marito ha prontamente ricevuto il pre-settled status, la moglie si è vista recapitare una email che richiedeva ulteriore prova della sua residenza in UK (che non era assolutamente necessaria in base alla normative in vigore), pena il rifiuto del permesso.
L’intervento dell’avvocato attivista ha risolto la situazione, ma è innegabile che errori da parte di chi dovrebbe saper valutare e decidere le domande di permesso di residenza sia causa di stress in chi aspetta un risultato della propria richiesta di visto. Speriamo che il budget utilizzato per promuovere un video contro l’immigrazione sia speso meglio verso la formazione del personale addetto alle pratiche.
L’autrice di questo articolo è Gabriella Bettiga director di MGBe Legal. Per contattarla gabriella@mgbelegal.com
Foto @WikiMedia – Riproduzione vietata – All Rights Reserved