“Fai il tifo anche per noi” mi scrive Maurizio da Roma. “Contaci!”, gli rispondo convinto, ricordando come durante Italia-Austria avessi iniziato a urlare a squarciagola già all’inno di Mameli per poi perdere definitivamente la voce (e l’ultimo briciolo di self-control) al 2-0 di Pessina. Emozioni difficili da descrivere.
In tempi normali Maurizio, come tanti altri, avrebbe preso un aereo e sarebbe venuto a Londra per essere a Wembley di presenza a tifare Italia, ma oggi non è possibile. A meno di vivere dentro un film come Tenet il tempo scorre solo in avanti, e non c’è modo di aggirare legalmente la quarantena imposta dal governo UK a chi entra nel paese.
Se gli italiani del Belpaese saranno tutti davanti alla TV, tocca a coloro che vivono nel Regno Unito fare le loro veci, facendo sentire agli Azzurri sul campo il calore e l’affetto dell’intero paese. Un’occasione che gli italiani di Londra hanno accolto con entusiasmo, rastrellando alla velocità della luce le migliaia di biglietti a loro riservati. Per assistere alla partita, certo, ma anche per soddisfare dei bisogni più profondi.
In occasione degli ottavi di finale un importante quotidiano italiano ha tentato un improbabile parallelo con gli anni ’70, rispolverando la retorica dell’emigrato infelice e sottopagato che trova nella partita dell’Italia la sua occasione di riscatto sociale (cito testualmente “oggi come allora, la maggior parte dei giovani italiani che vive a Londra fa il cameriere.”). Un’interpretazione a mio giudizio bigotta e lontana dalla realtà.
Gli italiani a Londra non hanno bisogno di riscatto sociale, per la maggior parte sono ben integrati in un paese che considerano ormai casa. Ma hanno bisogno di sentirsi vicini al paese, ai propri familiari e amici rimasti sotto le Alpi, mai così lontani come dall’inizio della pandemia.
Abbiamo bisogno, noi italiani di Londra, di sentire emozioni come quelle di questa sera, per ricordarci chi siamo, qual è la nostra storia e la nostra cultura. Per cementare il rapporto tra le generazioni (penso agli italiani i cui figli sono nati in UK, con i quali il gap è particolarmente complesso). Per annullare quelle distanze che, tra Brexit e Covid, negli ultimi anni sono diventate abissi.
Abbiamo voglia di far capire a tutta l’Italia che gli emigrati (o expat, se preferite) sono una delle più belle risorse del paese. Milioni di connazionali che, per necessità o per scelta, hanno deciso di vivere all’estero, ma rimangono profondamente italiani, pronti a difendere la nostra cultura, il nostro modo di vivere, i nostri colori, ogni volta che ve ne sia l’opportunità. Anche sul prato di Wembley (o quello di Wimbledon). Sventolando la bandiera tricolore e indossando una maglia azzurra.
Italia-Spagna è molto più che una partita di calcio. Esserci stasera non è solo una gioia, ma è anche una responsabilità e un onore. Per una sera, a Wembley, siamo tutti Ambasciatori d’Italia.
