Elezioni 2022: tutto quello che c’è da sapere per chi vota dall’estero

I plichi verranno spediti dal Consolato di riferimento a partire dalla prossima settimana

Elezioni 2022: tutto quello che c’è da sapere per chi vota dall’estero

 

Le elezioni del 25 settembre 2022 arrivano in leggero anticipo rispetto alla scadenza naturale della legislatura.

Le forze politiche non hanno trovato un accordo su una nuova legge elettorale: per questo motivo, anche quest’anno – come già accaduto nel 2018 – si voterà con il testo chiamato comunemente Rosatellum, dal nome del parlamentare Ettore Rosato (oggi in Italia Viva), che ne fu l’ideatore.

Vediamone in sintesi la struttura.

Base elettorale e numero di rappresentanti eletti

Va notato, innanzitutto, che, da questa tornata elettorale, il numero dei parlamentari è stato ridotto: se fino al referendum del 2020 il numero dei deputati era di 630 e quello dei senatori di 315, da settembre saranno rispettivamente 400 e 200.

Hanno diritto al voto i cittadini italiani residenti all’estero e iscritti all’AIRE: al 31 dicembre sono circa 5,8 milioni. Interessante notare che al 31 dicembre 2017 erano 4,97 milioni: si è determinato quindi un incremento di circa un sesto nel giro di cinque anni.

Gli expat votano per la cosiddetta “circoscrizione Estero”, che comprende quattro ripartizioni. Con la riforma seguita al referendum del 2020, il numero totale dei deputati da eleggere è passato da 12 a 8, quello dei senatori da 6 a 4. Più nello specifico, gli italiani residenti nel Regno Unito voteranno per la ripartizione Europa, la più grande, comprendente circa 3,2 milioni di cittadini. Le urne indicheranno il nome di tre deputati e di un unico senatore.

Chi può votare

La legge stabilisce che possono votare nella circoscrizione Estero i cittadini italiani iscritti all’AIRE e quelli che che, per motivi di lavoro, studio o cure mediche, si trovano all’estero per un periodo di almeno tre mesi. Il voto avviene per corrispondenza ed è limitato alle sole elezioni politiche e referendum (per le elezioni europee si può votare anche nelle ambasciate e nei consolati presenti nei paesi UE; per votare alle amministrative – per esempio le elezioni regionali di Lazio e Lombardia – è necessario invece tornare fisicamente in Italia).

Qui la pagina dedicata del ministero degli Esteri, qui lo scadenzario, qui una breve guida pratica. Attenzione: chi non ha ricevuto la scheda entro l’11 settembre deve contattare il proprio ufficio consolare per ottenere un duplicato.

Come funziona il Rosatellum: all’estero c’è il voto di preferenza

Per i residenti in Italia, il Rosatellum prevede l’elezione dei 2/3 dei parlamentari con il proporzionale, e del restante 1/3 col maggioritario: ma nella circoscrizione Estero si vota solo con la prima modalità. Sulla scheda gli elettori troveranno, quindi, un elenco di nomi tra cui scegliere.

Le preferenze (a differenza di quanto accade nella quota proporzionale in Italia) sono ammesse: si può quindi indicare il candidato preferito tra quelli presenti. L’ordine di lista conta poco, praticamente solo per una questione di impatto visivo.

Soglie di sbarramento

Riguardo alle soglie di sbarramento, il Rosatellum prescrive che i partiti debbano indicare preventivamente se corrono da soli o in coalizione: la scelta deve essere unica a livello nazionale (non si può, cioè, stringere alleanze esclusivamente regionali). A questo punto:

  • Se il partito non è membro di una coalizione (cioè si presenta da solo alle urne), per prendere seggi deve superare il 3% a livello nazionale. In caso contrario, i voti sono persi.
  • Se, invece, è membro di una coalizione, esistono due condizionalità da rispettare. La prima è che la coalizione nel suo insieme deve raggiungere almeno il 10% a livello nazionale. La seconda è  che almeno un partito del cartello deve raggiungere a) il 3% a livello nazionale oppure b) il 20% a livello regionale (ma la condizione è valida solo al Senato). I voti ai partiti che prendono meno dell’1%, anche se in coalizione, vanno persi. Quelli a partiti che raccolgono tra l’1% e il 3% vengono distribuiti in maniera proporzionale tra i membri della coalizione che hanno superato lo sbarramento. Insomma, in questo caso il partito non prende seggi direttamente, ma porta in dote i propri voti all’alleanza.

Le liste collegate in una coalizione che non raggiunga la soglia del 10% sono comunque ammesse al riparto dei seggi qualora abbiano superato, a seconda dei casi, almeno una delle altre soglie previste (3% dei voti a livelli nazionale o 20% a livello regionale).

Nel complesso, il sistema vuole scoraggiare la frammentazione: i grandi partiti non hanno grossi problemi, i piccoli sì.

Il voto degli italiani all’estero

Il primo voto per corrispondenza degli italiani residenti all’estero si è avuto in occasione dei due referendum del 2003, mentre per le Camere si è avuto con le elezioni politiche del 2006.

La paternità è di Mirko Tremaglia, figura storica della destra e già ministro per gli Italiani nel mondo. Il testo di legge che porta il suo nome risale al 2001.

Prima di allora, per votare, i residenti all’estero dovevano tornare al proprio comune di residenza in Italia (quello in cui erano iscritti all’AIRE): Carlo Verdone ne fece una esilarante parodia in Bianco, Rosso e Verdone. A causa di costi e difficoltà logistiche, il diritto spesso non veniva esercitato.

Se da una parte la legge Tremaglia ha garantito un diritto a molti, non sono mancate le critiche. Ad esempio, riguardo alla composizione della base elettorale, con aventi diritto che non hanno mai messo piede in Italia. Inoltre, il sistema del voto per corrispondenza rende particolarmente semplici i brogli: numerose inchieste giornalistiche hanno messo in luce irregolarità. Pare che esista un mercato dei plichi, che verrebbero venduti a 5-10 euro l’uno per poi essere compilati e imbustati da organizzazioni create ad hoc per favorire uno dei contendenti. Recentemente, il senatore Andrea Cario, eletto in Sudamerica, ha perso il seggio per una vicenda del genere, emersa in seguito a una perizia calligrafica.