Andrea Crisanti (Senato, Pd): “La sanità deve slegarsi dalla politica”

Il microbiologo si presenta con il Pd nella circoscrizione Estero. "Mi dividerò tra Italia e Londra"

Andrea Crisanti (Senato, Pd): “La sanità deve slegarsi dalla politica”

 

Prima domanda, una volta per tutte: microbiologo o infettivologo? “Microbiologo, e direttore del dipartimento di medicina molecolare dell’università di Padova”. Andrea Crisanti è un nome noto: in due anni di pandemia il professore romano, una lunga carriera all’estero prima di tornare in Italia chiamato dall’ateneo veneto (“per chiara fama” ci tiene a sottolineare), è stato a lungo sotto i riflettori. La sua candidatura al Senato con il Partito Democratico non ha mancato di suscitare qualche mal di pancia in chi sospetta che abbia voluto capitalizzare la visibilità del covid. Sospetto che lui respinge al mittente. “Sono iscritto al circolo del Pd di Londra dal 2015 perché ne condivido i valori, ma ancora prima ero nella Fgci (Federazione Giovanile Comunista Italiana, ndr). Il mio sentire politico non è cambiato da allora”.

Sul legame con l’estero, c’è innanzitutto  un fatto familiare. “Mio zio emigrato in America mi ha permesso di studiare inviando mensilmente del denaro a mia madre.  Io stesso, una volta cresciuto, ho lavorato in Svizzera, Germania, Regno Unito.  In passato, ho aiutato i nostri emigrati a prendere la licenza media insegnando italiano e matematica nelle scuole aperte per loro; a livello universitario, poi, ho conosciuto decine di studenti, alcuni anche con carriere folgoranti, di cui ho condiviso le preoccupazioni e la scelta di andare oltreconfine”. In che senso? “Il vero problema è la mancanza di opportunità che spinge gli italiani fuori dal Paese. Emigra la frazione dotata di maggior capacità di impresa, la più avventurosa, quella che rappresenta un tesoro di competenze tecniche, scientifiche e manageriali di cui avremmo bisogno. Molti di quelli che restano vanno a ingrossare le file dei cosiddetti populisti”.

Un paese più attrattivo

Crisanti, insomma, sogna un paese più attrattivo: “Dobbiamo attirare ‘cervelli’ invece di esportarli, investendo in innovazione e merito” dice. “Ma non userei la parola meritocrazia”. Perché? “Significa tutto e il suo contrario. Penso a criteri trasparenti di integrità. Chi è stato all’estero ha sperimentato che si possono raggiungere obiettivi professionali a prescindere dall’appartenenza a circoli e protettori. Bisogna scardinare i meccanismi che favoriscono il perpetuarsi delle élite”.

Chiediamo: al momento lei vive in Italia o all’estero? “Mi divido tra l’Italia e Londra, dove ho lavorato venticinque anni. Rappresentare i connazionali espatriati sarebbe un onore e un privilegio. Mi impegnerò a risolvere i problemi più annosi: trattamento fiscale, riconoscimento dei trattamenti pensionistici, assistenza sanitaria in Italia, servizi consolari”. Problematiche note da anni. “Ma su cui  non è stato fatto nulla. Neanche da parte dei parlamentari uscenti che si ripresentano alle urne. Credo che un accordo bipartisan su questi temi sia possibile”

Se eletto, lei si troverà a votare anche su questioni prettamente italiane: può individuare le sue priorità nell’agenda nazionale? “Al primo posto metto educazione e innovazione, che sono i motori della ricchezza a medio e lungo termine. Nel breve periodo, ci sono le problematiche dettate dall’agenda internazionale. Inflazione, caro bollette, politica energetica”.

Slegare la sanità dalla politica: “Le liste di attesa sono una vergogna. Pagare di più i medici di Pronto soccorso”

 

Professionalmente, Crisanti si è occupato soprattutto di sanità. Come migliorerebbe il sistema italiano dopo l’esperienza della pandemia? “La pandemia ne ha mostrato pregi e limiti, sia strutturali sia organizzativo-manageriali. Detto chiaramente: la sanità è gestita dalle regioni, che hanno il potere di nominare i vertici degli ospedali e non solo. Un potere che arriva a insinuarsi in maniera granulare fino agli ingranaggi più piccoli, per cui gli stessi politici decidono il budget ma anche chi lo controlla. E’ chiaro che si tratta di un sistema che non può funzionare, e che bisogna tornare a una sanità dei cittadini”. Posizione condivisibile, ma che non si riscontra nei programmi dei partiti, tranne i Cinque Stelle e pochi altri, comunque piccoli. Rinunciare alle poltrone significherebbe autoriformarsi. Non è la specialità della casa. Lei ha già affermato, in altre occasioni, che tra coscienza e appartenenza sceglierebbe la prima. Ne  è convinto anche in questo caso? “Questo è solo il mio pensiero, posso parlare per me”.

Sul numero chiuso alla facoltà di Medicina (altro tema caldo, data la carenza di personale), Crisanti propende per mantenerlo, aumentando, al contempo, la quota di nuovi studenti. “Sono favorevole a un allargamento dei criteri e dell’offerta. Il numero chiuso è il risultato dell’inflazione di dottori tra gli anni ‘70 e ‘90: ma ha avuto un effetto benefico, perché il Sistema Sanitario Nazionale è stato in grado di reggere a tagli progressivi proprio grazie a quelle assunzioni. Oggi che quella generazione sta andando in pensione, verranno messi in evidenza limiti strutturali di un settore vecchio e male organizzato. Le liste di attesa sono una vergogna e hanno un costo enorme per la società: più si ritarda la diagnosi, più la cura diventa lunga e costosa”. Non solo. “Mancano medici al Pronto soccorso, dove il 70% degli accessi sono codici verdi e bianchi che potrebbero essere filtrati  a livello di sanità territoriale”. Soluzioni? “Pagare di più i medici di pronto soccorso rispetto ai colleghi che svolgono mansioni più routinarie, per rendere attraente quella carriera”.

Cinque Stelle e Terzo polo? “Alleanza possibile”

 

Crisanti, torniamo alla politica. In caso di governo di coalizione, a chi si sente più vicino, e con chi, invece, non si legherebbe mai? “Mi sento abbastanza vicino ai Cinque Stelle, con Conte hanno assunto una linea più chiara e meno populista, più vicina ai problemi della gente e meno utopistica. Non mi sento distante da Verdi e Sinistra italiana: ma per risolvere i problemi delle persone che ci stanno a cuore, gli emarginati, bisogna fare lo sforzo di trovare convergenza con altre forze, anche se non ci piacciono. Mi riferisco a Renzi Calenda. Se vogliamo aiutare gli emarginati socialmente, sottopagati, le categorie meno presenti nel dibattito, c’è un prezzo politico da pagare. Allearsi con il Terzo polo non significa rinnegare i propri valori,  ma creare un paese solidale”.