The Economist, la famiglia Agnelli sale al 43.4%

Per lo storico settimanale è il secondo cambio di proprietà rilevante nell'arco di 172 anni di storia

The Economist, la famiglia Agnelli sale al 43.4%

 

LONDRAExor sale al 43,4% nella proprietà di The Economist. La holding della famiglia Agnelli, che possedeva il 4,7% delle azioni, diventa quindi il principale azionista. Forse, quando FCA scelse di insediare il proprio headquarter londinese nel palazzo di St James’ Street che ospita il periodico, John Elkann aveva già in mente l’operazione.  Mercoledì è arrivato l’annuncio ufficiale.

QUOTA DI MAGGIORANZA  –   Il pacchetto azionario è stato ceduto al nipote dell’Avvocato  da Pearson, gruppo britannico attivo nel ramo dell’editoria scolastica e della formazione nella cui proprietà figurano fondi di investimento statunitensi, scozzesi, norvegesi e persino libici. Pearson, che possiede il 47% % della casa editrice Penguin Random House, lascia dopo 58 anni; si concentrerà esclusivamente sull’editoria scolastica a livello globale, dopo aver ceduto nelle scorse settimane anche le quote del Financial Times ai giapponesi del Nikkei,

Nel complesso gioco a incastri che ha portato il gruppo torinese a prendere le redini rientra anche la vendita della storica sede di St James’ Street, di proprietà del settimanale: l’operazione consentirà un buyback di azioni che saranno poi annullate, aumentando automaticamente il valore delle quote restanti. “La decisione del giornale di investire insieme a noi mediante l’acquisto di azioni proprie – ha commentato Elkann – ci rende ancora più convinti dei meriti del nostro investimento, in quanto segno della fiducia in un futuro brillante e redditizio”.

Nel board della prestigiosa testata britannica gli Elkann-Agnelli si trovano a possedere una quota più che doppia rispetto a un’altra delle famiglie storiche del capitalismo mondiale, i Rothschild, fermi al 21%.  In Italia, la dinastia possiede da quasi un secolo il quotidiano torinese  La Stampa e ha partecipazioni in RCS (Corriere della Sera).

A tutela dell’indipendenza della redazione,  Exor potrà esprimere un massimo di sei consiglieri su un totale di 13: il limite è dovuto alla tipologia di azioni in possesso della holding. Cambia anche lo statuto: nessun singolo o società potrà possedere più del 50% di quote del gruppo londinese.

L’acquisizione segna un punto importante per quello che può essere considerato a buon diritto il primo gruppo veramente globale italiano, dopo la fusione tra Fiat e Chrysler che ha dato vita al colosso FCA.

POTENZIARE IL DIGITALE – Fondato nel 1843, “The Economist” é considerato tra le più influenti testate nel ramo economico, politico e sociale. Noto per la scrittura chiara e omogenea, deve questa caratteristica in buona parte alla tradizionale assenza della firma in fondo agli articoli. Ispirato a principi liberali in materia economica, ha assunto posizioni di volta in volta inaspettate per una testata di quell’area. Come quando nel 2001 titolò in prima pagina “Why Silvio Berlusconi is unfit to lead Italy“, scatenando le ire dell’ex presidente del Consiglio; o quando scelse di appoggiare Blair e la sua Terza Via dopo aver sostenuto i tagli della Thatcher.

Il settimanale, assicurano da Londra,  continuerà a rimanere fedele alla sua storica missione: “prender partito nella dura battaglia tra l’intelligenza, che ci spinge verso il progresso, e un’ignoranza vile e timorosa, che lo ostacola“. L’incognita è la perdita di lettori registrata nell’ultimo periodo.  La strategia di rilancio –  in cui gli italiani giocheranno un ruolo decisivo –  dovrà passare necessariamente per il potenziamento dell’offerta digitale.

Antonio Piemontese